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martedì, gennaio 23, 2007

La ricerca della felicità


Poiché a Vicenza se vuoi vedere un film (nella fattispecie L'arte del sogno) devi farlo il giorno stesso in cui lo vedi in programmazione perché sennò viene tolto alla velocità della luce, ieri sera ho dovuto ripiegare sulla fatica d'oltreoceano di Muccino senior, ovvero il fratello sveglio ma antipatico. E pur avendo forti riserve sulla sua persona, sono entrato in sala scevro da pregiudizi negativi, ma avendo comunque un'idea di come sarebbe stata la pellicola. Idea che è stata presto confermata.
La ricerca della felicità, versione romanzata di una storia vera, ripercorre l'anno più buio della vita di Chris Gardner, venditore porta a porta di apparecchiature mediche che, lasciato dalla moglie e con un figlio a carico, decide di inseguire il suo sogno di diventare broker. E continua a farlo, tenendo testa stoicamente a innumerevoli difficoltà e sfighe, pur di raggiungere il suo scopo: la felicità. A mio avviso, questa comunque non è identificata con la ricchezza economica, quanto piuttosto con una dignità morale guadagnata con fatica e determinazione, che ricalca in fin dei conti uno dei principi cardine della morale statunitense, quello del self-made-man.
Al di là dei moralismi da Dichiarazione d'Indipendenza, più volte citata dal protagonista, Muccino dirige un film ordinario, "classico", senza troppi virtuosismi e senza che si veda troppo la sua mano, a eccezione dei litigi della coppia, quando sembra di rivedere lo scontro titanico Accorsi-Mezzogiorno. Per fortuna, Smith non è Accorsi, e porta sullo schermo una buona interpretazione, ricordando che quando ha a che fare con un autore (e Muccino in fin dei conti lo è) il suo mestiere lo fa bene. Ad aiutarlo poi, c'è il figlio (vero) che interpreta il figlio (fittizio). L'alchimia c'è, e si vede. Tuttavia nel complesso il film scorre senza troppo entusiasmo, alternando scene toccanti (quella della stazione) ad altre scelte meno felici (ho trovato insopportabile la divisione in capitoli "Questa parte della mia vita si chiama.."). Un film discreto, niente di meno e niente di più, ecco.
Nota a margine: Sabrina Impacciatore porta a casa il premio "Peggior doppiaggio" per la sua performance con Thandie Newton.

Voto: 6 / 10

3 commenti:

capa ha detto...

secondo me era meglio se ci guardavamo rocky balboa, cmq concordo con te

Anonimo ha detto...

No, aspetta: Silvio Muccino sarebbe il fratello simpatico?

jecke ha detto...

Forse.. Sicuramente è quello stupido!